L’avv. prof. Lorenzo Maria Dentici e l’avv. Luigi Maini Lo Casto partner dello studio legale DLCI, insieme all’associate avv. Giorgio Petta, hanno assistito con successo innanzi al Tribunale di Padova un’insegnate di scuola secondaria in aspettativa, ottenendo la condanna del Ministero dell’Istruzione alla sua immediata riammissione in servizio a seguito della rinuncia all’assegno di ricerca.
La lavoratrice era stata assunta dal Ministero dell’istruzione con contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato presso un istituto scolastico del padovano ed era stata collocata in aspettativa senza assegno in quanto vincitrice di un assegno di ricerca universitario. La stessa aveva poi rinunciato all’assegno e aveva chiesto di riprendere servizio in quanto rimasta incinta e le era precluso, in assenza del ripristino del rapporto di impiego pubblico, l’accesso al congedo di maternità.
L’amministrazione scolastica aveva negato il rientro in servizio per ragioni organizzative connesse alla copertura annuale degli incarichi di insegnamento.
Il Tribunale di Padova, in composizione monocratica, ha invece affermato che debbano trovare applicazione analogica i principi – peraltro già desumibili in via generale – sanciti dalle circolari ministeriali n. 120/2002 e n. 15/2011 in tema di dottorato di ricerca, in base ai quali “il dipendente pubblico che cessa o viene escluso dal dottorato ha il dovere di riassumere immediatamente servizio presso la sede di titolarità”. Il giudice ha rimarcato come “la ricorrente abbia in primo luogo l’obbligo, prima che il diritto, di riprendere immediatamente il servizio a causa della cessazione dell’aspettativa conseguente alla rinunzia all’assegno di ricerca”.
Irrilevante è poi il fatto che il Ministero, confidando nella durata dell’aspettativa fino al 31.05.2023, nelle more abbia assunto un altro docente in sostituzione. Tale circostanza non è stata ritenuta idonea ad elidere situazione giuridica soggettiva della docente in aspettativa.
Anche nella fase di reclamo il Tribunale padovano ha confermato che “del tutto legittimamente – (la lavoratrice) ha rinunciato all’assegno di ricerca – insindacabili ed irrilevanti le ragioni di tale rinuncia, come ritenuto dal primo giudice – è venuta meno la ragione dell’aspettativa e, dunque, della sospensione del rapporto di lavoro di docente in essere con il Ministero dell’Istruzione. La perdita della titolarità dell’assegno di ricerca comporta il venir meno delle ragioni dell’aspettativa e della sospensione del rapporto di lavoro, con conseguente diritto della dott.ssa (…) alla ripresa del servizio quale docente di ruolo”.
Il Tribunale padovano ha sempre ritenuto pienamente sussistente il requisito del periculum in mora, poiché la docente, avendo rinunciato all’assegno di ricerca, era rimasta priva di ogni altra forma di reddito.
In entrambe le fasi l’amministrazione è stata condannata alle spese di lite.
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