Giacomo Palazzolo guidava la partecipata ai tempi dell’ex sindaco Diego Cammarata, una volta arrivato Leoluca Orlando venne licenziato. Da qui il ricorso presentato dai legali in cui si sostiene che il dirigente venne allontanato per la sua appartenenza politica. Ma per il giudice del lavoro “non emerge alcun elemento che permetta di ricondurre la scelta datoriale di licenziare il ricorrente alla volontà di punire un avversario politico”
Giacomo Palazzolo, l’ex direttore generale della Gesip ai tempi del sindaco Diego Cammarata, non fu licenziato per ragioni discriminatorie legate alla sua appartenenza politica. Lo ha stabilito il Tribunale del Lavoro di Palermo, giudice Dante Martino, chiamato di nuovo a valutare nella fase di opposizione il ricorso dell’avvocato ed ex direttore generale della partecipata del Comune di Palermo, licenziato dopo l’insediamento della giunta guidata da Leoluca Orlando.
La tesi che sosteneva Palazzolo, attravreso i suoi legali Francesco Todaro e Leonardo Giglio, era che la decisione di “farlo fuori” non sarebbe stata legata alla crisi della società partecipata dal Comune, ma alla sua appartenenza politica. Palazzolo, a suo dire, sarebbe stato vittima del repulisti attuato da Orlando, che avrebbe allontanato dalle aziende partecipate comunali i personaggi che era più legati all’entourage dell’ex sindaco Cammarata. Già al centro della vicenda giudiziaria relativa all’uso di un operaio della partecipata come skipper dell’ex sindaco forzista, Palazzolo era stato, comunque, assolto dalla Corte d’Appello lo scorso novembre. I giudici di secondo grado avevano ribaltato una condanna in primo grado a due anni di reclusione per truffa e abuso d’ufficio.
Vi sarebbe un filo rosso, sempre secondo Palazzolo, a legare la sua collocazione politica e il licenziamento, solo apparentemente motivato da ragioni squisitamente economiche. Secondo il giudice, invece, i semplici dati politici forniti dal dirigente non sono sufficienti per desumere da tali circostanze “l’effettiva riconducibilità del licenziamento a ragioni discriminatorie”. Per il Tribunale “non emerge alcun elemento che permetta di ricondurre la scelta datoriale di licenziare il ricorrente alla volontà di punire un avversario politico”.
Pienamente accolta, invece la tesi della Gesip, difesa dall’avvocato giuslavorista Lorenzo Maria Dentici (nella foto), che ha fatto leva sul dissesto economico della società e sulla condivisibile scelta di ridurre l’organico aziendale, rinunciando alle figure professionali apicali, che sono notoriamente le più onerose. Il Tribunale ha anche stabilito che non è irrazionale che la Gesip si rivolga a legali esterni pur avendone in organico in ragione della molteplicità delle questioni trattate e della necessità di specifiche competenze. (g.r.)